10 dicembre 2010

Allattamento naturale: suggerimento n°3

Pochi giorni fa mi è capitato di raccontare che mio figlio di 9 mesi spesso rimane attaccato al seno anche per un'ora, succhiando più o meno voracemente e riposando con il seno in bocca.

"Non è possibile che succhi così tanto, vuole dire che usa la tetta come ciuccio..."

Ascoltare questa considerazione mi ha fatto riflettere e sorridere. In realtà tutti i bambini non usano la tetta come ciuccio, usano il ciuccio come se fosse una tetta, almeno quelli che hanno la "sfortuna" di dover sostituire la buona vecchia tetta di mamma con una sua pessima imitazione, il ciuccio.
Perché l'allattamento naturale al seno vada a buon fine e sia prolungato nel tempo, bisogna che le mamme si armino di buona pazienza e offrano sempre il seno ai propri bimbi... Per mangiare, per giocare, per addormentarsi, per scoprire il mondo. Dare ai bambini il ciuccio alla prima notte insonne, offrire loro biberon di acqua o tisane per calmarli, non è una buona abitudine. Tutto ciò che è diverso dal seno interferisce con l'allattamento naturale. Usate le vostre tette, sono state create per questo. Non ascoltate chi vi dice che è anti-educativo far attaccare sempre il vostro bimbo al seno. Riflettette, perché mai un bimbo a 4, 5 o 10 mesi dovrebbe fare i capricci? Loro hanno solo bisogno di noi. Perché dargli un surrogato della tetta invece dell'originale se lo scopo è lo stesso???
Perché sentirsi tranquille se un bambino si addormenta ciucciando un oggetto di plastica e sentirsi in colpa se si coccola con il seno della mamma che, ripeto, serve proprio a questo?



1 dicembre 2010

Sciopero dei calciatori

Oggi voglio parlare di calcio.
Confesso che appartengo a quella categoria di persone a cui piace la domenica pomeriggio guardare la partita della propria squadra del cuore... Noi tifiamo Napoli, tiè!
Durante quei 90°, causa cervello in standby, non mi sono mai nemmeno sognata di riflettere sul paradosso del mondo del calcio: di quelle persone che in pantaloncini e maglietta corrono dietro ad una palla per cercare di tirarla in una porta, non c'è ne è uno solo che, tra ingaggi e sponsor, non si porti a casa ogni anno uno stipendio milionario. E parliamo di un campionato composto da 20 squadre (se ci limitiamo alla serie A).
Intorno al calcio girano tanti soldi. Bisogna tristemente ammettere che, la grande massa di persone, me compresa, che con passione sostiene la propria squadra, si illude di guardare una sana e appassionante competizione sportiva, alimentando un sistema che di sportivo non ha proprio più nulla.
Lo sport non è questo, e chi ha praticato seriamente una qualunque disciplina può capire quello che cerco di dire.
Lo sport è sacrificio, allenamenti estenuanti che ti tolgono la forza di tornare a casa la sera (figuriamoci quella per andare ad ubriacarsi per locali con al seguito una scia di dolci donzelle...), lo sport è passione, lo sport è gioco di squadra, è aiutarsi, sostenersi, è credere che l'impegno profuso senza alcun corrispettivo economico aiuti a diventare una persona migliore, a formare il proprio carattere, ad imparare a non mollare mai. 
Essere uno sportivo di successo, un vincente, significa assumersi la responsabilità di diventare un simbolo per giovani e meno giovani, un mentore, una persona capace di ispirare la vita di altre persone...
Bene, per me questo è lo sport.
Capirete il mio sgomento di fronte alla notizia dell'ormai inevitabile 
S C I O P E R O   D E I   C A L C I A T O R I  indetto per la 16° giornata del campionato ovvero per il fine settimana dell'11 e 12 dicembre.
Senza neanche approfondire le richieste dell'Assocalciatori (ossia il sindacato che difende i diritti contrattuali di ci gioca come professionista a calcio nel nostro Paese), senza scendere nel merito della questione, mi chiedo se sia etico che una categoria come i calciatori indica uno sciopero. Una categoria che di certo a fine mese ci arriva eccome. In un momento di crisi profonda e prolungata, in un periodo in cui tante famiglie vivono di sacrifici costanti e dolorosi, ecco che si parla (e solo il parlarne mi pare vergognoso) dei diritti di persone che mentre qualcuno lotta per loro stanno facendo il bagno nella loro piscina privata o, magari, stanno scegliendo la loro nuova Ferrari.
Io sostengo il lavoro in ogni sua forma ( e, preciso, parlo di lavoro e non di sport per ovvi motivi...), sono assolutamente d'accordo che ognuno debba avere la possibilità di difendere i propri diritti, di qualunque diritto si tratti e a qualunque categoria appartenga, ma qui mi sembra che si sia scaduto davvero nel ridicolo. Di quel ridicolo che fa male all'Italia, a quell'Italia che, invece, vede i propri diritti calpestati ogni giorno. Proprio di quell'Italia che ogni domenica o sabato che sia si trova con entusiasmo allo stadio o davanti alla tv a tifare per i propri eroi, aiutandoli in questo modo a costruire la ricchezza che riempie già abbondantemente la loro vita.
Mi chiedo, e qui concludo, se la parola flessibilità è ormai simbolo del mondo del lavoro italiano, come mai una classe che ha guadagni e regime di vita tipici di professionisti o imprenditori, che gode del supporto di manager pronti a tutelare i loro interessi, che contratta quotidianamente con ogni tipo di sponsor, viene con nonchalance trattata come lavoro dipendente a tutti gli effetti, con tanto di contratti e sindacato? Certo la flessibilità è di noi poveracci che ci facciamo il culo per portare a casa 1000€ al mese, che paghiamo il mutuo e veniamo licenziati. Come sempre, evviva l'Italia.

24 novembre 2010

Allattamento naturale: suggerimento n°2

La vecchia scuola, molto medicalizzata, delle poppate regolari ogni tre ore, con pause lunghe di notte è ormai (e per fortuna) una pratica superata. Quel modo di alimentare i propri figli era la causa primaria dell'allontanamento di molte donne dall'allattamento al seno per due principali motivi.
Il primo è che ben presto la produzione del latte materno veniva compromessa perché non "pensata" dalla Natura per seguire orari ma piuttosto le reali necessità dei neonati; più loro succhiano più le mammelle producono latte. Ma se si interferisce in qualche modo con il delicato rapporto mamma-bebè, la produzione del latte può essere alterata e pian piano ridursi. Ecco come è nata la leggenda  metropolitana che il latte materno all'improvviso finisce... In secondo luogo limitando il numero delle poppate ed eliminando quelle notturne molti neonati crescevano poco, non riuscendo, negli orari stabiliti a nutrirsi a sufficienza. Di qui invece nasce la famigerata aggiunta di latte artificiale suggerita da molti pediatri perchè, a dir loro, le mamme avevano poco latte.
Il ritorno all'antico allattamento a richiesta, che oggi è la pratica maggiormente consigliata, consiste nello svincolarsi da orari e regole, affidandosi alle richieste del proprio bambino.
Il segreto è elementare. Lasciar fare ai neonati. Fateli quindi attaccare al seno ogni volta che lo richiedono, anche ogni mezz'ora se necessario. Ricordiamoci che il latte materno è l'alimento esclusivo che loro dovrebbero assumere nei primi sei mesi di vita, il loro unico nutrimento inteso in senso globale, nutrizionale, affettivo, relazionale; a volte mangiano e le poppate sono più lunghe, a volte bevono e succhiano voracemente ma per pochi minuti, a volte hanno solo bisogno del contatto della mamma e rimangono attaccati anche a lungo succhiando poco. I bimbi sanno di che cosa hanno bisogno e, in base alle loro necessità, si regolano.
Non abbiate paura che mangino troppo. Il latte materno non fa male. E' un alimento facilmente digeribile e assumerne di più aumenta solo la loro crescita. In genere si digerisce dopo circa un'ora, tempo minimo che si consiglia di attendere per far loro un bel bagnetto rilassante.
Lasciatevi quindi guidare da chi riesce ancora ad ascoltare i propri bisogni: i neonati sono l'esempio che tutti nasciamo con un forte istinto che prescinde da orari e schemi mentali. Si mangia quando si ha fame, si cercano coccole quando si ha bisogno di calore umano, si beve per dissetarsi. A qualunque ora, senza preoccuparsi di nulla. Dovremmo imparare da loro invece di imbrigliarli, appena nati, nelle rigide regole del nostro mondo.

23 novembre 2010

L'esercito dei nuovi schiavi

Fin da piccola sono cresciuta con la convinzione che dire libero professionista significasse intendere una persona con un lavoro super figo, che fa quello che vuole dalla mattina alla sera e guadagna un sacco di soldi.
In realtà ho scoperto crescendo che non è proprio così.
In Italia si parla spesso di precariato intendendo con questo termine quella moltitudine di giovani legati alla propria azienda da contratti a termine, privi di garanzie sociali, che spesso non vengono rinnovati. Una situazione davvero disagevole che costringe a vivere con l'eterna sensazione di non riuscire a costruire nulla di concreto. Mai però di parla dei giovani professionisti che, loro malgrado, si trovano a combattere con una situazione anche peggiore, se non altro per il fatto che nessuno ne parla... E si sa, in Italia, se non si parla di un problema, quel problema di fatto non esiste e dunque non si fa nulla per risolverlo. 
Io sono un architetto e voglio raccontarvi che cosa succede dopo la laurea in Architettura a quei pochi fortunati che riescono a trovare lavoro. Immagino che il discorso sia simile per avvocati, commercialisti e tutte quelle categorie che in teoria costituiscono la classe dei giovani professionisti in Italia.

Nel caso degli architetti lo svolgimento della pratica professionale non è regolarizzata da leggi. Chiunque abbia la laurea in Architettura può sostenere l'Esame di Stato per l'abilitazione alla professione. Lo svolgimento della pratica professionale non è dunque obbligatoria ma viene tuttavia considerata indispensabile dai professionisti più o meno affermati che, in questo modo, utilizzano il lavoro gratuito o sottopagato di giovani neolaureati, con l'alibi di offrire l'opportunità di imparare la professione.
Ammesso che ciò sia anche sopportabile, (e sottolineo sopportabile, no giusto o accettabile, perché in qualunque paese civile ogni forma di lavoro viene pagata in relazione alle competenze e alla professionalità offerta) questo periodo di pratica per i giovani architetti si protrae a tempo indeterminato, finché la loro dignità si rifiuta di svolgere qualunque attività senza ricevere alcun tipo di compenso. Ricordo ai lettori che fino a 100 anni fa questo tipo di lavoro "forzato" esisteva e veniva denominato schiavitù.
C'è chi riesce nella sua ribellione accettando una serie di compromessi (cambiare città, rinunciare a fare l'architetto per fare altro, farsi assumere da un Ente pubblico o da una Banca) e chi invece accetta la condizione di schiavo (perché va chiamata con le parole giuste) ad oltranza, sperando che prima o poi il proprio datore di lavoro capisca il suo valore acquisito e lo premi economicamente parlando, non fosse altro per la sua devozione e per la sua costanza. Speranza che si rivela vana nel 99% dei casi.

Ma parliamo di chi riesce a redimersi dalla schiavitù, parliamo dei fortunati.
A 30 anni o giù di lì non è facile rendersi autonomi come professionisti e avviare una propria attività. Soprattutto in un Paese allo sfascio che non offre grandi opportunità neanche a chi è sul mercato da decenni.
Dunque la cosa più sensata che un giovane architetto (che si ostina a voler fare l'architetto) può tentare di fare è trovare uno studio professionale, avviato e organizzato, che abbia bisogno di collaboratori per svolgere il proprio lavoro. E per fortuna, soprattutto in certe città, ce ne sono.
Il problema nasce nella regolarizzazione del rapporto libero professionista che riceve la prestazione e libero professionista che la offre. I giovani architetti (sempre quelli fortunati), una volta trovato uno studio che desideri la loro collaborazione, sono costretti ad aprire la Partita Iva per avere un regime fiscale da professionista a tutti gli effetti. La cosa che viene comunemente pattuita è l'emissione di una fattura mensile di una cifra costante, che paghi il lavoro svolto dal nuovo collaboratore; un lavoro che in teoria, e sottolineo solo in teoria, dovrebbe essere libero, svincolato da orari e regolato dal progetto che, di volta in volta, il giovane professionista deve seguire, in gruppo o da solo, sotto la super visione dell'architetto titolare dell'attività che alla fine  firma pratiche e progetti (ossia incassa gli utili).
Detta così potrebbe anche sembrare una situazione ragionevole, ma qualcuno di voi ha mai avuto a che fare con uno studio professionale? Non ci sono orari, né fine settimana che tengano. Si lavora dalle 9 alle 21 (e oltre se necessario) per stare dietro a tempistiche impossibili (che obbligano a fare straordinari ovviamente non pagati) per la consegna di un progetto. La flessibilità tanto sponsorizzata per questo tipo di lavoro significa sapere quando si entra in ufficio e non sapere quando si esce (e comunque mai prima delle sette di sera). Significa essere in balia delle decisioni di uno o più professionisti che non hanno la capacità e forse la voglia di strutturare il proprio studio in maniera che funzioni più o meno come un'azienda, consentendo ai propri collaboratori una vita più regolare e meno stressante.
Spessissimo sono rientrata dallo studio di turno con cui ho collaborato da quando mi sono laureata a notte fonda. Più volte ho saltato pranzo o cena per terminare il mio lavoro, spessissimo ho lavorato il sabato e la domenica per tutto il giorno.
E tutto ciò è all inclusive nella cifra pattuita. Niente straordinari, niente premi, niente aumenti. Niente, neanche la sempre gradita pacca sulla spalla seguita da un ben accetto grazie mille, davvero.
La situazione si complica se parliamo della cifra che normalmente viene proposta a chi lavora in queste condizioni di neo-schiavitù legalizzata. Parliamo di compensi mensili che partono da 800€-1000€ e raggiungono al massimo 1800-2000€. Sono cifre da considerarsi al lordo d'Iva, perché siamo professionisti a tutti gli effetti, il che significa meno il 20%, da cui vanno ulteriormente sottratti i contributi da versare alla Cassa degli Architetti, la quota che spetta all'Ordine di appartenenza, le tasse annuali e il costo di un consulente fiscale che, per questo tipo di regime fiscale, è necessario.
Ma, questione economica a parte, la verità è che i giovani professionisti sono dipendenti a tutti gli effetti perché trascorrono almeno 10 ore al giorno in uno studio professionale, alle dipendenze di uno o più capi, non godendo tuttavia di alcuna garanzia sociale tipica del lavoro dipendente (e neanche di quelle irrisorie dei precari).
Niente ferie pagate, nessuna tutela se ti ammali, niente straordinari pagati. Nessun vincolo contrattuale, nessun accordo formale o informale che sia messo nero su bianco. Una giungla selvaggia dove se sei forte e determinato riesci a malapena a sopravvivere. Se c'è crisi o il lavoro scarseggia ti lasciano a casa da un giorno all'altro e non c'è niente che glielo possa impedire. Trattamento di fine rapporto neanche a parlarne. Niente maternità o alcun tipo di assistenza ad una donna in dolce attesa. Questo significa che se malauguratamente o per scelta consapevole aspetti un bebè, il meglio che ti capita è che ti lascino lavorare fino a quando te la senti, per poi salutarti con tanti auguri per la tua nuova vita da mamma. Che tradotto in cifre vuol dire almeno un anno senza stipendio con l'aggravante di dover ricominciare da capo con un figlio a carico, quando si ripresentano le condizioni per riprendere il lavoro.
Certo, noi siamo liberi professionisti, e tutto quello che vi ho descritto potrà sembrarvi la normale gestione della nostra professione. Sarei d'accordo con voi se di libera professione si trattasse davvero. In realtà si tratta di lavoro dipendente, camuffato da collaborazione tra professionisti per evitare di trasformare uno studio professionale in un'azienda strutturata, cosa che aggraverebbe la situazione fiscale imponendo ai datori di lavoro una serie di garanzie per chi è vincolato da contratto, a termine o a tempo indeterminato che sia.

La cosa che più spesso mi sono sentita dire è che dovremmo ribellarci e rifiutarci di accettare queste condizioni lavorative. Ma per fare che cosa? Le centraliniste in un call center? Con tutto il rispetto che nutro per ogni forma di lavoro, io ho studiato per fare l'architetto ed è quello che voglio fare per guadagnarmi da vivere.
La verità è che in un momento in cui la crisi è dilagante, tutti accettano qualunque condizione pur di fare qualcosa. E così tutti gli studi professionali ne approfittano imponendo condizioni assurde, certi che verranno accettate addirittura con entusiasmo, perché sempre di lavoro, seppur precario non legalizzato, si tratta.
Sarebbe necessario un intervento per regolarizzare questo tipo di collaborazione tra professionisti, imponendo a chi offre lavoro il rispetto dei diritti basilari dei giovani professionisti.
Eppure il problema sembra inesistente. Nessuno ne parla, nessuno denuncia. Basterebbe che le Istituzioni semplicemente fotografassero questo universo precario all'interno della disperazione globale, basterebbe fare due conti per capire che uno studio che fattura decine di migliaia di euro al mese non può avere dei collaboratori esterni vincolati da regimi flessibili perché  per produrre quei fatturati sono necessari decine di architetti che 12 ore al giorno lavorano insieme senza mai fermarsi, basterebbe chiedersi come mai un giovane architetto con Partita Iva incasserebbe le solite 12 fatture all'anno di cifra fissa sempre dalla stessa persona o società per svariati anni. Basterebbe semplicemente osservare con attenzione.
Ma siamo poi così sicuri che nessuno si sia accorto di questa deplorevole situazione?
Io credo che in Italia le cose si sappiano eccome. Si sanno, ma si lasciano fare.

Voglio concludere dicendo che il prezzo che si sta pagando per questo lasciar fare è il furto del nostro futuro. Ma che importa, tanto noi siamo giovani. Abbiamo tutto il tempo per farcene un altro.

19 novembre 2010

Evviva la pillola!

Non posso leggere una notizia del genere e resistere in silenzio senza alcun commento.

La pillola allunga la vita. E' notizia ricavata da uno studio trentennale pubblicato sul British Medical Journal. Pare che l'assunzione della pillola anticoncezionale, a qualunque età e per qualunque periodo di tempo, non faccia male, anzi, riduca la mortalità del 12%.
Inoltre gli studi affermano che assumere la pillola porti benefici al sistema cardiovascolare, migliori la fertilità, riduca il rischio di cancro. Per di più chi assume la pillola fuma di meno, ha stili di vita più salutari, non è in sovrappeso, è più propensa a fare attività fisica e chi più ne ha più ne metta...
Tutti d'accordo, studiosi, ginecologi, case farmaceutiche. Insomma tra un po' ce la prescriveranno anche per guarire dal raffreddore.

E V V I V A   L A   P I L L O L A!


Bene. Lo scherzo è finito. Mi auguro che a qualcuno nell'universo sia rimasto un po' di sale nella zucca. Stiamo parlando di ormoni che ci spariamo nell'organismo e che, al posto nostro, regolano una serie di processi assolutamente naturali, che ogni corpo è in grado di svolgere da solo.
Se si decide di prendere la pillola anticoncezionale per quello per cui è stata creata, ossia per avere rapporti sessuali sicuri al 99% senza aver bisogno di altro tipo di prevenzione, va bene. Posso non essere d'accordo perché in ogni caso sono ostile ad assumere farmaci decisamente evitabili, ma capisco questo tipo di scelta consapevole. Rispetto chi dice, Sì ho letto le controindicazioni scritte sul foglietto illustrativo, sono consapevole che si tratta di un farmaco chimicamente ottenuto, ma i vantaggi e la libertà sessuale che ottengo sono irrinunciabili per me e me ne frego dei rischi. 
Un punto di vista e come tale, meritevole di rispetto.
Ma dire che la pillola sia un toccasana per la salute delle donne è troppo.
Ho preso la pillola per poco più di un anno. All'epoca non ero molto attenta al condurre una vita il più possibile naturale. Eppure, da sola, ho smesso di assumere quel farmaco. Vi elenco che cosa mi stava succedendo (sono un soggetto sano e 10 anni fa avevo 23 anni). Non riuscivo più a mettere le lenti a contatto perché le mucose degli occhi si erano seccate. La vagina non si lubrificava abbastanza e spesso i miei rapporti sessuali non erano soddisfacenti. Il desiderio sessuale era decisamente calato. Ero gonfia e appesantita. Avevo una ritenzione idrica pazzesca. La mia pelle ha cominciato a reagire male all'esposizione al sole causandomi fastidiosi eritemi solari di cui soffro ancora oggi.
Certo più si va avanti più i dosaggi ormonali si perfezionano e diventano più blandi, ma sicuramente rimane il fatto che si assumono costantemente ormoni.
E per farvi leggere qualcosa di alternativo eccovi un link (ma ce ne sono svariati) che chiarisce i reali effetti collaterali dovuti all'assunzione della pillola anticoncezionale.
Con troppa leggerezza si incentiva l'utilizzo di farmaci. La pillola è un farmaco. A che cosa non sarebbero disposte le case farmaceutiche pur di vendere?

18 novembre 2010

Allattamento naturale: suggerimento n°1

Fate attaccare al seno il vostro bimbo al primo contatto con voi mamme, senza aver paura di come si fa, lasciando fare ai nuovi arrivati... Appena nati i bebè hanno un solo istinto: la suzione...
In molti ospedali appena un bimbo nasce, proprio nei primi istanti di vita, lo appoggiano sulla pancia della mamma, prima ancora che venga tagliato il cordone ombelicale e in ogni caso subito dopo. E' quello il momento ideale per lasciare che il vostro cucciolo cerchi il seno della mamma... E' sconvolgente come riesca ad attaccarsi per succhiare, da solo, senza forzarlo e senza aiutarlo. Farlo venire in contatto con il seno immediatamente crea un forte legame tra la mamma e il bambino e da l'avvio all'allattamento nel modo più naturale che ci sia.
Se il parto fosse un cesareo o la procedura dovesse essere diversa per un qualunque motivo, nessun problema, niente è compromesso e tutto funzionerà lo stesso alla grande! L'importante è non aver paura di saper come fare e, al primo contatto con il proprio bimbo, lasciare che si attacchi spontaneamente al seno.


Questa pratica che permette di tenere, da subito e per tutta la permanenza in ospedale, il bambino accanto a sé 24 ore su 24, viene oggi denominata rooming in. In realtà non è un'invenzione moderna, ma solo un ritorno a qualcosa in uso da millenni in tutte le civiltà; gli animali, per esempio, la praticano da sempre. Dopo il parto ogni neonato di qualunque razza o specie, ha solo bisogno del contatto con la mamma e di potersi nutrire, in senso globale, liberamente dalle sue mammelle.
Dunque quando scegliete dove partorire accertatevi che si pratichi la rooming in e che, come tendenza, sia una struttura che favorisce e incentiva l'allattamento naturale al seno.

16 novembre 2010

Berlusconi sei un mafioso? Rispondi.

Leggete con i vostri occhi...


Berlusconi sei un mafioso? Rispondi.

Era il 1998 e il giornale di cui stiamo parlando è LA PADANIA.
Sì, avete capito bene proprio la Padania, testata giornalistica leghista. Nell'articolo si accusa il nostro Premier di essere colluso con la mafia. 
Sono passati 12 anni e oggi ci ritroviamo con il nostro caro amico Maroni (amico e, solo per dovere di cronaca, Ministro dell'Interno) che chiede un faccia a faccia con Saviano per le ingiuste infamie subite ieri sera durante la trasmissione Vieni via con me. 
Di che cosa è ingiustamente accusata la Lega Nord? Di essere in qualche modo collusa con la 'ndrangheta...
Se non fossimo in Italia mi sembrerebbe uno scherzo... Da accusatori ad accusati qui in Italia il passo pare essere davvero immediato.


E poi, mi scusi signor Ministro dell'Interno se sento il dovere di sottolineare come le sue parole mi suonino ridicole.
"Come ministro e ancora di più come leghista mi sento offeso e indignato dalle parole infamanti di Roberto Saviano, animate da un evidente pregiudizio contro la Lega"
Io, come cittadina italiana sono indignata dalla presenza al governo di persone che si trovano nella condizione di doversi difendere da accuse di collusione con ogni tipo di mafia.
Come napoletana mi sento offesa dal fatto che, ancora una volta, ci si nasconde dietro la retorica affermazione che noi, al Sud, odiamo la Lega.
Mi scusi tanto signor Ministro, ma sono io ad essere indignata. Come persona civile e che pratica la legalità.

12 novembre 2010

Allattamento naturale o artificiale?

Come già descritto in un mio precedente post, l'allattamento naturale al seno è ciò c'è di meglio possiamo offrire ai nostri figli almeno nel primo anno di vita.
Bisognerebbe allattare al seno fino a due anni di età, come indica la WHO, World Health Organization, senza offrire ai neonati nient'altro che latte materno per i primi sei mesi di vita.
Molte donne in dolce attesa temono di non essere in grado di affrontare quest'esperienza, sono tempestate da mille dubbi, si chiedono se non sia meglio aiutarsi col latte artificiale.
Non dovrebbe trattarsi di una scelta tra allattamento naturale o artificiale... Eticamente è come scegliere di non dare il meglio al proprio bambino pur avendone l'opportunità. Il meglio per loro siamo noi. Non c'è altro da dire. Siamo femmine della specie umana, siamo in grado di nutrire i nostri cuccioli. La Natura ci ha dato la capacità e gli strumenti per farlo. Avete mai visto una mucca col biberon in mano che da da mangiare al proprio vitello?
Viviamo in una società che pian piano ci ha completamente allontanato da quelle che sono le cose più semplici e naturali. Il lavoro, lo stress e tanti impedimenti fanno smettere di allattare in modo naturale la maggior parte delle donne del nostro paese nel primo mese di vita o comunque non oltre i 4 mesi.
E' importante ricordarsi che ogni neo mamma, tranne pochissimi casi clinicamente problematici, è assolutamente predisposta a nutrire il proprio bebè, fin dalle prime ore di vita.
Il latte artificiale, come chiarisce anche la parola, è A R T I F I C I A L E, e di certo, se non quando assolutamente necessario, è un alimento da evitare.
Impossibile riprodurre la complessità di un alimento come il latte materno, soprattutto per la ricchezza di anticorpi che contiene e che proteggono i neonati, aiutandoli a formare il proprio sistema immunitario.
Inoltre privare un bimbo dell'allattamento al seno, lo priva di un nutrimento che non è solo fisico, ma anche affettivo e relazionale, e nega in partenza quel fantastico contatto mamma-neonato che darà il via nel modo più naturale possibile al rapporto che si instaura tra ogni donna e i suoi cuccioli.

Che l'allattamento al seno sia un momento delicato nella vita delle neo-mamme è un dato di fatto, soprattutto se non si affrontata con le giuste motivazioni e nel modo più sereno e naturale possibile.
Allatto felicemente mio figlio da otto mesi e con i prossimi post condividerò con voi alcuni piccoli segreti per trasformare quella che sembra una cosa difficilissima in un'esperienza davvero meravigliosa.

11 novembre 2010

Mr Bunga Bunga

Ecco, ci risiamo.
Mi trovo nuovamente a parlare di censura, anche se in una forma diversa.
Il 18 settembre a Taormina durante una visita di propaganda del nostro amato Presidente del Consiglio per La Destra di Storace, è stato rimosso dalle forze delle ordine uno striscione appeso ad un balcone da alcuni cittadini, un vero e proprio manifesto di legalità e civiltà: poche parole, una forte provocazione ma nessuna offesa diretta.
I nostri eroi: Placido Rizzotto, Ninni Cassarà, Beppe Montalto, Boris Giuliano, Peppino Impastato, giudice Terranova, giudice Chinnici, giudice Livatino, Pippo Fava, Beppe Alfano, giudice Falcone, giudice Borsellino. I tuoi?

Io credo che chiunque possa dire ciò che pensa se lo fa in un modo pacifico, senza usare violenza di alcun tipo, partecipando in questo modo attivamente al dibattito politico che stiamo vivendo. Che Berlusconi sia stato più volte associato a fatti di mafia, è un fatto. Che spesso sia sia dovuto difendere da accuse pesanti e quasi mai chiaramente smentite è un fatto. Che qualcuno voglia contestarlo può accadere, come può accadere a chiunque politico si esponga come fa lui. Civiltà e libertà significa permettere a tutti di esprimersi, ascoltare le idee e i pensieri dei propri elettori (e non elettori) e, al limite, ignorarli o contestarli pubblicamente.
Ma il silenzio e la censura sono solo espressioni di una violenza più feroce di quella fisica. Soprattutto quando ad essere censurati sono nomi come quelli sopra citati. Al solo pensiero mi si accappona la pelle.

www.ilfattoquotidiano.it_eroi strappati nel nome di mr bunga bunga

Alla scoperta di Napoli

Panorama di Napoli dal Vomero.
Se avete letto qualcosa qua e là nei miei post avrete capito che sono nata e cresciuta a Napoli. Dopo essermi laureata alla Federico II in Architettura, i miei sogni di studente modello si sono infranti contro l'invalicabile muro della realtà partenopea, e così quelli che ritenevo solo luoghi comuni sull'impossibilità di trovare un lavoro, si sono trasformati in realtà, nella mia realtà. Dopo un anno di quello che simpaticamente nella mia città chiamano lavoro, ma che io mi divertivo a chiamare piuttosto volontariato (cioè farsi sfruttare gratis dall'architetto di turno perché, si sa, noi giovani abbiamo tanto da imparare) ho deciso di andarmene via da una città che stava distruggendo i miei sogni.
Così, tra gli sguardi stupiti di chi continuava a ripetermi che dovevo ritenermi fortunata perché io almeno un lavoro ce l'avevo (per la definizione di lavoro vedi sopra...), ho preso tutte le mie cose e sono partita.

Andersene è sempre difficile. Qualunque siano le motivazioni, quando si lascia il luogo che si ama e dove ci sono le proprie radici, si soffre tanto. E questo vorrei dirlo soprattutto a chi è convinto che noi ce ne andiamo per un insano piacere di scappare da ciò che amiamo. Vorrei dirlo a chi è nato nelle città che amorevolmente ci accolgono, spingendoli a riflettere che è molto meglio essere costretti ad accogliere come loro, piuttosto che a scappare, come noi.

Vivo a Milano da 6 anni e ogni volta che ritorno a Napoli mi sento una turista.
E da turista Napoli è davvero la città più bella del mondo. Arte, calore, paesaggi, e poi quel panorama che fa trattenere il respiro...
Da lontano i colori della mia città mi sembrano più belli, irresistibili, esplosivi. Da lontano anche i problemi, i disagi, gli eventi che flagellano la mia terra mi sembrano diversi. Riesco a vedere le cose da un'altra prospettiva, più distaccata per certi versi, più intensa per altri.
Così ho deciso pian piano di raccontarvi la mia bella Napoli, un po' per volta, per come la conosco io, una giovane che ci è cresciuta, l'ha amata e l'ha odiata con tutta se stessa, è fuggita lontano e ogni giorno vorrebbe tornarci... Come un tour turistico a 360°, attraverso i segreti, le bellezze, le contraddizioni di una città nascosta che per molti è un universo inesplorato che si nasconde dietro le brutte notizie che da sempre ascoltiamo in televisione. Perché Napoli non è solo sparatorie, delinquenza e spazzatura. Non è un inferno da evitare come la morte, Napoli è arte, calore della gente, amore, ospitalità, buon cibo, archeologia, mare, musica, teatro... E potrei andare avanti a lungo.
Luci e ombre di Napoli secondo me, attraverso gli occhi (pieni di lacrime) di chi ha deciso di andarsene.

10 novembre 2010

Una tv diversa è possibile

Lunedì 8 novembre la prima dell'atteso programma Vieni via con me di Fazio-Saviano su Rai 3.
Boom di ascolti, addirittura battuto il mostro sacro, la trasmissione imperdibile che negli ultimi anni è diventata una pietra miliare del nostro palinsesto... Il Grande Fratello.
Che serva di lezione alle dirigenze Rai e a chi seleziona i programmi televisivi da mandare in onda. C'è una parte di italiani, a quanto pare neanche tanto misera, che, avendone la possibilità, guarderebbe qualcosa di diverso dai soliti reality o dalla tv spazzatura che regolarmente ci viene imposta da tutte le reti, sia pubbliche che private.
Inutile continuare a dire che è quello che piace e che fa odience, Vieni via con me ne è l'esempio.
7,6 milioni di telespettatori hanno preferito guardare due persone che, aiutate da pochi ospiti (per giunta sottopagati o non pagati), hanno "semplicemente" parlato della nostra situazione, dell'Italia, di come vanno le cose. E il risultato è stato strepitoso, sintomo che c'è una parte di italiani che non vuole più addormentarsi guardando 10 idioti che fingono di essere se stessi mentre vengono spiati da una telecamera.
Ma non è certo per motivi di ascolti che ci rifilano la solita tv-spazzatura, un popolo addormentato fa comodo a chi governa, chi ha smesso di pensare con la propria testa è più facile da gestire e da controllare.
Per fortuna trasmissioni come Vieni via con me ricordano a chi di dovere che non tutti gli italiani hanno spento il cervello; molti, soprattutto i giovani, hanno voglia di denunciare e di capire, vogliono poter accendere la tv e imparare qualcosa. Quelle cose che nessuno ha il coraggio di affrontare, quelle cose che ormai da troppo tempo nessuno dice più.

 Bravi bravi bravi.

Aspettiamo con ansia la prossima puntata.

5 novembre 2010

Caro nonno Silvio

Lettera ad un vecchio di nome Silvio

Queste parole non hanno bisogno di alcun commento. Racchiudono il pensiero di molti, certamente anche il mio.
Al di là di considerazioni di ordine politico, bisognerebbe tentare di fermare comportamenti corrotti e terribili, invece di incentivarli come immagini di successo e potere. Viviamo in una società addormentata che continua a far finta di niente. Continuiamo ad appassionarci alle basse vicende di un uomo, sorridendo di quanto sia al limite del ridicolo, dimenticandoci che si parla di una persona anziana e malata che approfitta dell'ambizione e dei sogni di ragazze minorenni o comunque giovanissime, che potrebbero essere sue nipoti.

Caro nonno Silvio, non è una cosa di cui andare fiero, è una cosa di cui vergognarsi.

3 novembre 2010

L'allattamento esclusivo a richiesta

L'allattamento è un'esperienza meravigliosa.
Prima che nascesse mio figlio ho seguito un corso pre-parto nell'ospedale dove avevo deciso di partorire. Lì ho imparato che cosa è l'allattamento esclusivo a richiesta, nome complicatissimo che significa semplicemente che bisogna assecondare in tutto i bambini e offrirgli nient'altro che latte materno per i primi 6 mesi di vita.
Poter dare nutrimento al proprio bambino rende un mamma forte e consapevole e le da l'opportunità di "crescere" come mamma insieme al proprio cucciolo. Parliamo di nutrimento in senso globale, fisico, affettivo, relazionale: il seno della mamma è l'unica cosa di cui ha bisogno un neonato fino ad almeno il sesto mese di età.
Mio figlio ha sette mesi e mezzo e lo allatto ancora felicemente. Non più in maniera esclusiva perché appena compiuti 6 mesi ha iniziato ad assaggiare altre cose... Accoglie tutto con entusiasmo, prova, assapora, ride o cerca di vomitare quello che ha ingoiato se non ne gradisce il sapore. Fa i suoi esperimenti, cresce. Ma quando ha bisogno di conforto e di nutrimento supplementare ecco che cerca il suo latte, cerca la mamma, e si prende la sua dose di coccole.
Il latte materno è l'alimento migliore e più completo dal punto nutrizionale per la salute e lo sviluppo dei neonati. Innanzitutto perché è il latte di specie, quello che la Natura fa produrre all'essere umano per sopravvivere. La sua composizione cambia durante le poppate, durante le giornate e durante la crescita dei bimbi, diventando sempre più nutriente. Subito dopo il parto il seno materno produce il colostro, una sostanza ricchissima di anticorpi che serve a nutrire il neonato nelle prime ore di vita. La produzione del latte vero e proprio si attiva grazie alla suzione. Più il neonato si attacca al seno più velocemente arriva all'organismo della mamma il segnale che è ora di produrre il latte.
La produzione di latte si autoregola grazie a quel fantastico dialogo che si instaura tra una mamma e un bebè. Se si assecondano tutte le richieste di fame del neonato, sia di giorno che di notte, senza orari, quantità stabilite, cambi continui di tetta durante le poppate, l'organismo di ogni mamma riesce a produrre la quantità di latte di cui il proprio bimbo ha bisogno nella composizione giusta. All'inizio di ogni poppata il seno offre al piccolo una sostanza molto diluita capace di dissetarlo. Poi pian piano il latte diventa più denso e nutriente. E solo quando il neonato sente il bisogno di continuare a succhiare assimilerà l'ultimo latte, molto grasso e il più ricco di sostanze nutritive. Ecco perché non ci sono tempi stabiliti e poppate uguali l'una all'altra. A volte il bebè avrà solo sete, a volte avrà fame ma non avrà voglia di un alimento denso e più impegnativo da digerire, altre volte vorrà tutto quello che ha a disposizione e succhierà fino allo svuotamento del seno della mamma.
Spesso le mie amiche mi chiedono quale è il segreto per allattare... La risposta è semplicemente ovvia: nessun segreto, più si cerca di fare "qualcosa" più si interferisce con un processo che è la cosa più naturale che esista... Vostro figlio ha fame e piange, voi gli porgete il seno, lui mangia prendendo quello di cui ha bisogno e si stacca da solo, abbandonando il vostro capezzolo quando si sente "nutrito".
La paura di molte donne in dolce attesa  è quella di non aver abbastanza latte per poter nutrire il proprio bambino...  I M P O S S I B I L E!
Tranne pochissimi casi relativi a problematiche di ordine clinico, ogni donna produce latte in maniera naturale se lascia succhiare il seno al proprio bebé tutte le volte che vuole. Molte spesso la carenza di latte si risolve con una "revisione" del rapporto mamma-bimbo senza la famigerata "aggiunta" di latte artificiale proposta da molti pediatri, soluzione che in pochissimo fa terminare l'allattamento naturale interferendo con il bisogno fisiologico del bambino di avere nutrimento dalla propria mamma.
Bisognerebbe allattare al seno fino ad almeno due anni di età, come indica la WHO, World Health Organization.
Un bambino cresce nel modo più naturale possibile se allattato al seno... Allattare è contatto, amore incondizionato, servizio. Allattare significa nutrire a 360°, significa esserci sempre, per la fame, per la sete, per ogni tipo di conforto. Allattare significa trasmettere ai propri figli la sensazione di non essere mai soli, di non aver bisogno di niente al mondo perché hanno la propria mamma. Allattare significa evitare malattie e problemi di salute. Allattare significa dedicarsi totalmente.
E' molto impegnativo, richiede una scelta di amore totale. Ma chi ha il coraggio e l'opportunità di farla, potrà vivere un'esperienza davvero meravigliosa.
Non c'è niente da imparare, è già tutto dentro di noi. Basta lasciarsi guidare dal proprio istinto.

Per approfondimenti: www.mammaconsapevole.com

26 ottobre 2010

Fuitevenne 'a Napoli


Leggo spesso il blog di Beppe Grillo. Ed è lì che mi sono passate sotto gli occhi queste parole...

www.beppegrillo.it - Lettera da Terzigno

Sono nata e cresciuta a Napoli. Napoli è la mia terra d'origine, il luogo dove continuo a sentirmi a casa, nonostante non viva più lì fisicamente da tanti anni. Quando si parla di radici credo si intenda questo: sentire che la tua linfa vitale si rigenera in quei luoghi, guardando quei paesaggi, assaporando quel buon cibo, e ascoltando quelle buffe persone che ridono sempre... Sì, ridono perché sono ottimisti e non hanno più voglia di lamentarsi. Potrebbero farlo, ogni giorno. Anzi dovrebbero.
Su di Napoli si dicono tante cose. Chi se ne va via, come me, deve ben presto far suo un repertorio, quasi di difesa, che scatta alla prima parola pronunciata... 

"Mi scusi, buongiorno... "
"Ah, ma lei è di Napoli, che bella città... Peccato però che voi napoletani..."

Certo, noi napoletani. Come se nascessimo con un peccato originale... Come se fossimo una categoria a parte con l'nsano piacere di vivere nella monnezza, mangiando pizza e mozzarella di bufala e cantando canzoni di Gigi D'Alessio. Come se nel nostro DNA fossimo segnati dal gene dell'illegalità e della sporcizia, come se ci piacesse vedere i nostri figli rimanere fino a 40 anni a casa in cerca di qualcosa da fare, qualunque cosa. O in alternativa ci sentissimo realizzati ad aiutarli a fuggire il più lontano possibile, per trovare in un'altra terra quello che in tutti i paesi civili esiste, la possibilità di guadarsi da vivere onestamente.

Io vivo a Milano. Ancora oggi i miei amici sono convinti che io sia qui perché ho scelto per piacere di venire a vivere in questa città, tipo esperienza post laurea, progetto Erasmus o Leonardo che si dir si voglia. Come se fosse un gioco e potessi tornare indietro in qualunque momento ne avessi voglia.

Per diversi anni sono stata arrabbiata. Arrabbiata perché quella scelta è vero esiste, ma è una scelta crudele: restare e lottare per una vita, probabilmente senza ottenere quello che si vuole (dovrei eliminare il probabilmente, ma rimango un'inguaribile ottimista napoletana), o andarsene, il più lontano possibile, seguendo il triste e rassegnato consiglio che il grande Edoardo de Filippo ebbe il coraggio di dare ai giovani napoletani... Fuitevenne 'a Napoli, disse, Fuggite da Napoli.
Ogni giorno ascolto in tv le macabre notizie che vengono date dai telegiornali circa gli avvenimenti della mia terra, ogni giorno ascolto le chiacchiere da bar che chiunque fa in giro per Milano commentando e discutendo su quei posti da evitare come l'inferno. Tutti hanno la soluzione. Tutti hanno il diritto di dire la propria perché il disastro e la disperazione che colpiscono quotidianamente la mia terra sono ormai mediaticamente CIO' CHE FA NOTIZIA, la gallina dalle uova d'oro. Vorrei solo ricordare che quella gallina significa persone che soffrono, gente che lotta ogni santo giorno per dar da mangiare ai proprio figli. Quella gallina nasconde le lacrime di chi va via, come me, perché incapace di stare a guardare senza riuscire a far niente di concreto. Vorrei dire a chi continua a proporre soluzioni di una superficialità e un cinismo quasi offensivo, che secoli di storia hanno segnato quelle terre, secoli di grandezza, di distruzione e di rinascita. Questo non vuole essere un alibi ma solo la consapevolezza che siamo di fronte ad una situazione complessa che si è radicata nel corso della nostra storia con risvolti sempre più drammatici e che, solo con l'impegno di tutti, napoletani e non, può essere risolta. Se vuole essere risolta...
Di sicuro l'assenza totale di Stato e Istituzioni non aiuta la rinascita e tanto meno aiuta la costante e martellante pubblicità negativa che quotidianamente viene fatta in televisione al Sud in generale e alla città di Napoli  in particolare. Dare la notizia è un diritto ma soprattutto un dovere dei giornalisti, ma specularci su trasformando la disperazione in soldi è vergognoso.
Come è vergognoso rendere spot elettorali la soluzione di problemi che da decenni flagellano inascoltati una terra che chiede aiuto ogni giorno, non solo un mese prima delle elezioni di turno. Tutte le promesse fatte e mai mantenute consolidano la sensazione di abbandono di quella gente; persone come tante, che ogni giorno si impegnano per rendere la propria vita migliore. Persone comuni come se ne trovano a Milano, a Torino, a Reggio Calabria o a Palermo. Persone.

21 ottobre 2010

Quanto costa un bebè

Ho un bimbo di 7 mesi.
Che gioia vederlo giocare, si interessa praticamente a qualunque cosa gli capiti sotto gli occhi.
Prima di diventare mamma continuavo a chiedermi se economicamente ce l'avremmo fatta a "mantenere" un figlio. Già, l'unico pensiero opprimente che uccide l'istinto materno nel 90% delle giovani donne.
Il mio compagno ha un lavoro di tutto rispetto presso una grande azienda italiana e la sua posizione gli consente di avere uno stipendio ottimo ma assolutamente nella media dei giovani dipendenti italiani. E' un ingegnere e ha 34 anni.
Io sono un architetto... Anzi ero un architetto. Sulla situazione di noi giovani "liberi professionisti" in Italia ci vorrebbe un post dedicato, ma non è di questo che voglio parlare ora. Attualmente faccio la mamma a tempo pieno, quindi niente lavoro niente guadagno. Viviamo con un solo stipendio... E' dura ma vi assicuro che non ci manca assolutamente nulla.
Lo dico perché ogni volta mi stringe il cuore quando sento una donna della mia età ed anche più grande apportare come motivazione al nonvolerancoradeifigli la solita cantilena tipo:
"Non siamo ancora pronti, con quello che costa tirar sù un figlio, guadagnamo troppo poco, sarebbe impossibile arrivare a fine mese". E il bello che lo ripetono talmente tante volte che ci credono anche loro!

Ho deciso di sfatare questo mito. Vi dimostrerò che crescere un figlio costa meno che avere una vita sociale attiva! Cosa che, tra parentesi, diviene impossibile appena il nuovo arrivo fa capolino nella vita dei neo genitori!
I pannolini costano al peggio 30 centesimi l'uno, dico al peggio perché secondo me anche la marca più economica funziona lo stesso ed inoltre esistono degli outlet in tutta Italia dove praticamente te li tirano dietro.... A Milano ce n'è uno a Pero ed è fantastico, puoi comprare dei pacchi giganti a prezzo bassissimo. Un neonato consuma dai 6 ai 12 pannolini al giorno, crescendo tende a consumarne circa 6.
Quindi considerando per semplicità di calcolo un consumo di 10 pannolini al giorno per un costo di 20 centesimi l'uno siamo a circa 60€ al mese... La spesa di un week end milanese, senza neanche strafare!
I vestini nei primi mesi di vita dei bimbi sono il regalo preferito che conoscenti, amici, parenti, vicini di casa. Te ne regalano così tanti che non fai a tempo ad usarli due volte che già i piccolini sono cresciuti e sei costretta a metterli via. A mio figlio avrò comprato in tutto 10 capi, quelli utili e di battaglia che solo una mamma sa scegliere. Tra l'altro esistono dei franchising diffusi in tutta Italia come OVS o UPIM che hanno un reparto bimbi economico e pratico, con capi forniti dal marchio oeko-tex fiducia nel tessile, una sicurezza per la tutela della pelle del bimbi e della natura. Un capo del genere, parliamo di tutine, bodini, piagiamini, jeans, felpine, costa dai 5 ai 20 €.
Ma passiamo alle spese "impegnative". Carrozzina, passeggino, lettino/culla, seggiolone, sdraietta, sedile auto e quant'altro si ottengono grazie a due possibili strategie:
1. Chiedi a tutti finché qualcuno non ti passa quelli che ha usato per i propri figli ormai grandi (con immensa felicità e gratitudine di chi regala così c'è più spazio in cantina).
2. Metti a tacere i nonni che con un'insistenza quasi fastidiosa continuano a ripeterti: Che cosa ti serve che cosa ti serve che cosa ti serve che cosa ti serve? Loro sono felici e tu eviti l'esaurimento nervoso.
Se con queste due strategie non hai avuto il kit bimbo completo ci sono sempre i colleghi di mamma e papà. Loro sono pazienti, organizzano delle raccolte fondi sensazionali dal 4° mese di gravidanza e poi ti chiedono, con discrezione e senza insistenza, di che cosa hai bisogno. Poi attendono finché tu non hai la risposta.
Il segreto è: CHIEDERE CHIEDERE CHIEDERE. Evitare quel falso atteggiamento di chi fa finta di avere tutto. Ma sì, regalami quello che vuoi tanto l'essenziale ce l'ho già, inoltre vivo in 200mq e ogni nuovo aggeggio può essere collocato in una stanza appositamente dedicata. La verità per chi è fortunato tra i propri 70 mq e la cantina riesce ancora ad andare al bagno senza inciampare in nessuno scatolo, scatolone, passeggino, seggiolone. Quindi scegliere poche cose utili e che occupino il minor spazio possibile e cercare di farsele regalare.
Ed eccoci al mio argomento preferito: i giochi.
Come dicevo mio figlio ha 7 mesi e sapete quale è il suo gioco preferito? Una bottiglia di plastica da mezzo litro a cui ho tolto tappo ed etichetta. Passa ore ed ore a giocarci, guardarsela, stringerla per sentire il rumore che fa, metterla in bocca.
I suoi giochi sono raccolti in una cesta di vimini e sono tutti oggetti recuperati in giro per casa, dalla cucina, agli oggetti del papà, dalle cianfrusaglie della mamma alle cose dimenticate in fondo ai cassetti. Certo attenzione massima alla consistenza, al fatto che non si stacchino pezzettini vari, al materiale che non sia tossico (mettono tutto in bocca), e che non siano oggetti appuntiti o taglienti. Ma tutto questo basta per divertirli, farli ridere e farli crescere. Inoltre vorrei dare ai papà una notizia sconvolgente: a vostro figlio NON SERVE la Play Station 3, e nemmeno il Nintendo DS!
Mio figlio gioca seduto davanti al suo cestino, guarda, esplora, si diverte. L'idea mi è stata data da un'amica che è mamma da qualche mese più di me e, cercando in rete, ho capito come creare il cestino dei tesori del mio cucciolo.
Detto questo aggiungerei che se si allatta al seno, cosa assolutamente naturale e che tutte le neo.mamme sono in grado di fare (anche qui necessita un post dedicato) e si attua uno svezzamento graduale a sei mesi, anche le pappe hanno un costo minimo. Fino a 6 mesi costo ZERO (la natura provvede proprio a tutto); dopo i 6 mesi la spesa è minima, soprattutto se, come ho fatto io, si rinuncia alla comodità delle pappe pronte, i famosi omogeneizzati, e si cucina per i bimbi così come lo si fa per noi adulti, avendo solo l'accortezza di scegliere preferibilmente prodotti biologici perché più sicuri. Io compro per tutti le stesse cose e poi cucino e omogenizzo con un normale frullatore per la pappa di mio figlio.

Ecco questa in sintesi la voce BEBE' nel bilancio domestico.
Certo se ci si guarda intorno, ovunque vogliono venderti migliaia di cose bellissime, colorate, accattivanti. Nel 90% dei casi riescono a convincerti che sono utili, anzi indispensabili. Ogni genitore uscirà da qualunque negozio convinto che un bimbo non possa crescere senza box o senza sdraietta. Converrà che senza Trio Inglesina o Stokke (per comprarli bisogna ipotecare la casa...) non si riesce neanche ad uscire dal portone di casa e sarà assolutamente d'accordo con chi gli ha fatto notare che senza tutina Dolce & Gabbana un bimbo potrebbe crescere frustrato e sentirsi emarginato.
Purtroppo viviamo nell'era del consumismo e si perde completamente di vista la misura delle cose. E' normale comprare un vestitino carino o un gioco nuovo, ma l'importante è che sia chiaro che non è indispensabile. I bimbi, per fortuna, non hanno la nostra percezione del mondo e sono svincolati dagli schemi in cui noi siamo assolutamente intrappolati. Per loro una palla è una palla. Non gli importa se è della Chicco e suona, se è Prenatal ed è rossa o se è gialla e rotola male. Una palla è una palla. Nel loro universo ogni cosa è nuova, tutto è una scoperta... Gli sguardi buffi dei genitori, una carezza, il solletico sul culetto quando si cambia il pannolino. Non hanno bisogno di nient'altro che dell'amore di chi li cresce.
Avere un figlio è un'esperienza meravigliosa e ogni donna dovrebbe regalarsi questa gioia invece di privarsene convincendosi che è la scelta giusta.
Quando e se l'istinto materno fa capolino nella vita di una donna, bisognerebbe ascoltare il proprio cuore. Mettere per un attimo da parte la nostra "Mente" e lasciar scorrere e fluire liberamente emozioni, paure, dubbi. Solo vivendosi intimamente ogni sensazione si scopre quando è il momento di diventare mamma, regalando la vita ad un esserino speciale che stravolgerà completamente le nostre giornate, ma sarà capace di renderci felici in un modo inesplorato e inspiegabile...

Lungi da me convincervi che diventare genitori sia una passeggiata, ma rimane l'esperienza più intensa ed emozionante che si possa vivere e chi se ne frega se la società rema contro gli ormai pochi genitori coraggiosi. L'energia di una nuova vita è più forte di qualunque difficoltà. Un Paese sano dovrebbe dedicare grande attenzione ai giovani genitori in difficoltà invece di continuare a fare leggi per chi guadagna stipendi milionari. Ma si sa, l'Italia non è un Paese sano.

19 ottobre 2010

Ma quale censura e censura

Strano che disagi, problemi, accuse, polemiche tocchino le uniche trasmissioni che, a mio parere, in Italia sono ancora degne di andare in onda, perché capaci di offrire un servizio alla popolazione dibattendo su tematiche importanti e stimolando le nostre ormai quasi addormentate menti a riflettere.

A rischio il programma Fazio-Saviano

Ripercorriamo le ultime settimane.

Caso Parla con me, spot pubblicitario vergognoso per aver ridicolizzato Minzolini in favore di quel brutto bastar... di Mentana (ricordiamo il suo TG7, ormai campione di ascolti). TENTATIVO DI CENSURA.
Caso Anno Zero, Santoro colpevole di avere detto Vaffa... alla dirigenza RAI. TENTATIVO DI CENSURA.
Caso Report, servizio incriminato perché pare accusasse il premier Silvio Berlusconi di nuovi reati immobiliari. TENTATIVO DI CENSURA.

Certo casi gravissimi, se pensiamo che ad ogni ora del giorno e della notte vanno in onda soap opera, ballerine nude che sculettano indicando tabelloni e accompagnando concorrenti.
Situazioni davvero imbarazzanti se ci fermiamo un attimo a confrontarle con la nostra TV, quella seria, quella che ci informa sulle più importanti notizie in maniera libera e democratica. Quella dei vari Grande Fratello, Uomini e Donne, C'è Posta per te, Amici, Buona Domenica, l'Isola dei Famosi e chi più ne ha più ne metta... Quella delle parolacce a raffica, della volgarità costante e insistente, delle liti (tra l'atro preparate...) tra VIP, quella del sangue e della violenza gratuita che invade ogni tipo di telefilm o cartone animato.
Insomma, ora basta ipocrisia. Saviano e Fazio no. Loro non si toccano. Io pago il Canone e ho diritto a poter ascoltare il pensiero di due persone colte, preparate, intelligenti. Ho diritto a guardare uno spettacolo da loro concepito e studiato per essere interessante, divertente, utile. Ho anche diritto a pensare che siano idioti e che stiano dicendo un 'infinità di sciocchezze, ma solo dopo aver visto da spettatrice la loro trasmissione. Tappare la bocca in maniera preventiva a chi ha il coraggio di trattare liberamente temi scottanti ha un solo nome: CENSURA.

Ma quale censura e censura, il problema vero è il giorno, nessuno guarderebbe "Vieni via con me" di Saviano e Fazio se va in onda lo stesso giorno del Grande Fratello. Il problema è solo il giorno. E' una strategia per non far fare brutta figura a due che si credono intelligenti e bravi e poi ci rimarrebbero male se gli ascolti premiassero il più seguito reality di sempre. CENSURA.

Ecco di che cosa stiamo parlando, guarda i video incriminati che hanno rischiato la CENSURA PREVENTIVA.

Spot censurato di Parla con me
Santoro e il suo vaffa al direttore Masi
Servizio Report, Berlusconi e i suoi investimenti immobiliari ad Antigua

18 ottobre 2010

L'Italia è un Paese per vecchi

Su tutte le testate giornalistiche di oggi la notizia delle parole di Giorgio Napolitano pronunciate a Pisa sulla situazione delle Università italiane e sulla distribuzione (o meglio "non distribuzione") dei fondi per la ricerca.


Ho 33 anni e sono un architetto. Onestamente non ricordo durante gli anni che ho trascorso all'università l'ordine preciso dell'alternarsi di governi e governatori in Italia. Mi ricordo però che la situazione già all'epoca era drammatica. Parliamo di più di dieci anni fa. 
Per noi giovani sentirsi una risorsa, un bene per il paese è davvero un'impresa. Direi piuttosto che io mi sono sempre sentita un peso... Una futura disoccupata, un numero inglobato in statistiche e previsioni di quante giovani menti sarebbero fuggite all'estero o avrebbero accettato di non fare un lavoro attinente ai propri studi. Non era facile pensare al nostro futuro, e non lo è tutt'oggi.
Certo, probabilmente qualcuno di voi, infervorato dalle riflessioni telepaticamente trasferite dal Ministro Gelmini, penserà che ai miei tempi l'Università era un disastro, funzionava male, si imparava poco e si perdeva tanto tempo. Penserà che quasi quasi quelli della mia generazione se lo meritano un futuro così.
O magari qualcuno si starà chiedendo che tipo di studente ero, se facevo parte di quella larga schiera di perditempo che sanno solo lamentarsi e che, ovviamente, si dichiarano vittime del sistema per non ammettere i propri limiti. 
Laureata con lode, pubblicazione della tesi. Media del 29,8, esami conclusi in 5 anni e una sessione. Lo dico non per presunzione ma per rendere l'idea del Paese in cui viviamo. Non mi sono mai ritenuta un genio, ho semplicemente amato l'architettura e l'impegno che ho profuso nei miei studi è stato totale. Con un curriculum del genere bisognerebbe poter scegliere a che cosa dedicare la propria vita professionale, bisognerebbe poter almeno valutare fra le ipotesi il dedicarsi alla ricerca mettendo a disposizione del proprio Stato le competenze acquisite per avviare uno sviluppo qualificato e all'avanguardia. E invece ecco cosa succede ai promettenti giovani italiani, forse è meglio che io ricominci dal principio e che sia più precisa...

Ho 33 anni, sono un architetto che è stato costretto a lasciare per mancanza di lavoro la sua città natale. Nessuna borsa di studio o assegno di ricerca proposto. Vivo a Milano dove ho lavorato per 6 anni in studi più o meno prestigiosi di architettura. Stipendio massimo raggiunto 1500€ al mese. Precaria e senza contratto. Attualmente disoccupata perché ho scelto di essere mamma.

Quello che mi chiedo e che vorrei chiedere a Ministri, Parlamentari, politici di ogni partito e colore è molto semplice: in questi 10 anni che cosa è cambiato? E' evidente che investire sui giovani è davvero l'ultimo pensiero di chi dovrebbe lavorare per regalarci un mondo migliore.