Su tutte le testate giornalistiche di oggi la notizia delle parole di Giorgio Napolitano pronunciate a Pisa sulla situazione delle Università italiane e sulla distribuzione (o meglio "non distribuzione") dei fondi per la ricerca.
Ho 33 anni e sono un architetto. Onestamente non ricordo durante gli anni che ho trascorso all'università l'ordine preciso dell'alternarsi di governi e governatori in Italia. Mi ricordo però che la situazione già all'epoca era drammatica. Parliamo di più di dieci anni fa.
Per noi giovani sentirsi una risorsa, un bene per il paese è davvero un'impresa. Direi piuttosto che io mi sono sempre sentita un peso... Una futura disoccupata, un numero inglobato in statistiche e previsioni di quante giovani menti sarebbero fuggite all'estero o avrebbero accettato di non fare un lavoro attinente ai propri studi. Non era facile pensare al nostro futuro, e non lo è tutt'oggi.
Certo, probabilmente qualcuno di voi, infervorato dalle riflessioni telepaticamente trasferite dal Ministro Gelmini, penserà che ai miei tempi l'Università era un disastro, funzionava male, si imparava poco e si perdeva tanto tempo. Penserà che quasi quasi quelli della mia generazione se lo meritano un futuro così.
O magari qualcuno si starà chiedendo che tipo di studente ero, se facevo parte di quella larga schiera di perditempo che sanno solo lamentarsi e che, ovviamente, si dichiarano vittime del sistema per non ammettere i propri limiti.
Laureata con lode, pubblicazione della tesi. Media del 29,8, esami conclusi in 5 anni e una sessione. Lo dico non per presunzione ma per rendere l'idea del Paese in cui viviamo. Non mi sono mai ritenuta un genio, ho semplicemente amato l'architettura e l'impegno che ho profuso nei miei studi è stato totale. Con un curriculum del genere bisognerebbe poter scegliere a che cosa dedicare la propria vita professionale, bisognerebbe poter almeno valutare fra le ipotesi il dedicarsi alla ricerca mettendo a disposizione del proprio Stato le competenze acquisite per avviare uno sviluppo qualificato e all'avanguardia. E invece ecco cosa succede ai promettenti giovani italiani, forse è meglio che io ricominci dal principio e che sia più precisa...
Ho 33 anni, sono un architetto che è stato costretto a lasciare per mancanza di lavoro la sua città natale. Nessuna borsa di studio o assegno di ricerca proposto. Vivo a Milano dove ho lavorato per 6 anni in studi più o meno prestigiosi di architettura. Stipendio massimo raggiunto 1500€ al mese. Precaria e senza contratto. Attualmente disoccupata perché ho scelto di essere mamma.
Quello che mi chiedo e che vorrei chiedere a Ministri, Parlamentari, politici di ogni partito e colore è molto semplice: in questi 10 anni che cosa è cambiato? E' evidente che investire sui giovani è davvero l'ultimo pensiero di chi dovrebbe lavorare per regalarci un mondo migliore.
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