Oggi è la festa della donna, per molti ma non per tutti. Per me no.
Non c'è niente da festeggiare, niente da sbandierare al mondo, niente da dimostrare.
In questo giorno io non accetto auguri, né mimose. Accetterei volentieri dei segnali chiari che le cose in Italia e nel mondo stiano cambiando, a proposito delle difficoltà incontrate da ogni donna. Ma questo non accade, e invece ovunque si parla di come verrà trascorso un giorno come gli altri, un giorno in cui si preferisce parlare di donne scatenate in discoteca o in pizzeria, dimenticando che cosa significa davvero essere donna.
Donne violentate, donne costrette a lasciare il lavoro per crescere i propri figli, donne picchiate, donne sfruttate. Donne che, loro malgrado, devono rinunciare ai propri sogni per le regole rigide di questa società basata su chiari meccanismi maschili. Trasformarsi in uomini sembra essere l'unica soluzione per una vita dignitosa... Ecco il triste compromesso: rimanere donne e vivere la femminilità come verrebbe naturale ad ognuna di noi, oppure rinunciare. Convincersi di non desiderare figli, di non voler mettere la minigonna, di non aver bisogno di esprimere la propria sensibilità. Trasformarsi in donne-uomini dalle 12 ore di lavoro al giorno sembra davvero essere l'unico modo per sopravvivere...
Tutto ciò non ha senso. Ed è triste consapevolizzare che chi è controcorrente rimane inevitabilmente vittima dei meccanismi che vi ho descritto... Se decide di diventare mamma perde il lavoro, se mette la minigonna viene violentata ed è anche considerata colpevole, se non lavora come un uomo per tutto il giorno, dimenticandosi dei figli che hanno bisogno di lei, viene declassata e spesso licenziata.
In occasione dell'8 marzo ho scritto un nuovo articolo per Camminando Scalzi, parla di violenza. di pregiudizi, di luoghi comuni, di dolore. Parla di donne. Buona lettura!
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